Gli scienziati hanno trovato la spiegazione: ecco come ci si sente prima di morire. Da tempo immemore l’umanità si domanda: cosa si prova prima di morire? Questa domanda tormenta le menti di molte persone, tra cui gli studiosi che si sono avvicendati nel fornire una risposta. Le testimonianze di persone che hanno vissuto esperienze di premorte forniscono un piccolo assaggio di ciò che si può sentire, ma senza prove scientifiche a sostegno. Per risolvere questo mistero, un team di scienziati americani ha cercato di spiegare il fenomeno confrontandolo con le sensazioni provate quando si guarda un film dell’orrore.
Molte ricerche scientifiche si sono concentrate su ciò che accade nel corpo e nella mente quando si avvicina la morte, come nel caso del gruppo di ricercatori americani dell’American Chemical Society che ha voluto esplorare la zona grigia del cervello, concludendo che le sensazioni provate poco prima di morire sono simili a quelle provate guardando un film dell’orrore. Nello specifico hanno fornito l’esempio di una scena in cui una vittima è inseguita da un assassino affermando che gli spettatori possono identificarsi con essa, e quindi sentirsi allo stesso modo.
La paura si attiva allo stesso modo, secondo quanto ipotizzato dai ricercatori, e l’adrenalina aumenta. In altre parole, i sentimenti e le reazioni degli spettatori non risultano essere troppo diversi dalle sensazioni provate dalle vittime di un film dell’orrore. Ma cosa succede nel nostro corpo quando abbiamo paura? Gli scienziati dicono che la paura è una risposta cognitiva e sensoriale che ci avverte del pericolo e ci prepara a rispondere.
Le spiegazioni degli scienziati su come ci si sente prima di morire
Quando una persona si sente in pericolo, questa informazione sensoriale viene inviata al talamo, la parte del cervello che funge da quadro di distribuzione. In questo modo, le informazioni verranno trasmesse ad un’altra area del cervello: all’amigdala o al complesso tonsillare che controlla i comportamenti di paura. Quindi, verrà reindirizzato alla materia grigia periacqueduttale, che è coinvolta nel dolore e nel comportamento difensivo, e causerà un effetto sorpresa nella persona, quindi all’ipotalamo che attiverà la risposta “lotta o combatti”.
Questo processo stimolerà la secrezione di adrenalina e la produzione di glucosio per aumentare i livelli di energia. Così si acquisiscono maggiori forze per affrontare la situazione e per esempio si può iniziare ad urlare. Quando si sente qualcuno urlare, il suono va dritto all’amigdala: urlare è una risposta quasi istintiva e suscita la stessa reazione nelle persone che le sentono.
Morte clinica e morte biologica
Nel caso in cui la vittima viene attaccata e prova dolore, si attiva un altro meccanismo come riferito dagli scienziati dell’American Chemical Society. Quando si viene feriti, degli speciali neuroni i cosiddetti nocicettori inviano segnali al cervello, attraverso il midollo spinale. Questi raggiungeranno il talamo, che riconosce il dolore ed ordinerà al cervello di fare del suo meglio affinché ciò che ha appena colpito il corpo non si ripeta. Dopo una lesione, la vittima può entrare nello stato di morte clinica, ovvero il cervello funziona ancora ma il corpo soccombe alla ferita, il suo cuore ed il respiro si fermano ma non il cervello perché non ha subito gravi danni.
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Secondo le conclusioni della ricerca svolta dagli scienziati americani il cervello entra in uno stato di attività neutra che normalmente può essere associato ad uno stato di coscienza, entrare in questa fase potrebbe spiegare le esperienze di premorte. Gli studi hanno supportato questa ipotesi, ma gli scienziati non sanno ancora perché il cervello entri in questo stato o cosa significhi. Quando il cervello della vittima smette di funzionare, si parla di morte biologica, considerata dagli scienziati la fase finale: da lì in poi non si sa cosa succede.