Articolo molto interessante che tratta un tema sentito da molte persone: quello dell’insoddisfazione e dei relativi contraccolpi psicologici che questo stato d’animo produce. Al quale si può porre rimedio, con un po’ di buona volontà!
Partiamo da un motto fondamentale di Brian Tracy, autore di molti saggi sulla motivazione: “Non puoi controllare quello che ti succede, ma puoi controllare il tuo atteggiamento nei confronti di ciò che ti succede, e in questo sarai padrone del cambiamento invece di permetterti di dominarti.”
Il punto sul quale riflettere, oltre la validità di fondo dell’affermazione di Tracy, riguarda il cambiamento che possiamo mettere in moto dentro noi stessi, modificando soprattutto le priorità e le cose alle quali dare importanza.
L’altra componente riguarda la nostra coscienza, il senso che vogliamo dare alle nostra vita. Se non la eleviamo, se continuiamo a rimanere inchiodati alle cose esclusivamente materiali non potremo mai permetterci di guardare il mondo e la nostra vita da una prospettiva più luminosa.
Come suggerisce il Dalai Lama, se ognuno di noi pensa che la causa della propria insoddisfazione sia sempre da addebitare ad una colpa si vive molto male. Diverso quando cominciamo a prendere coscienza di noi stessi e del valore vero della nostra vita.
Il mondo è bene o male sempre quello. Possono esserci momenti e situazioni più favorevoli ed altre molto più complesse. Sono cicli, che si ripetono. E’ la nostra capacità di salire verso i piani alti del nostro approccio alla vita a cambiare sguardo e prospettiva.
Quali sono gli ostacoli maggiori in questo percorso? Fondamentalmente due, legati indissolubilmente. Il concetto di colpa, e il senso esasperato di proprietà. Due capisaldi della nostra epoca possiamo dire.
Due fattori che hanno una matrice comune, quella dell’idea di successo. Se non si raggiunge il successo ci si sente in colpa. Le reazioni possono essere di vario tipo, ma essenzialmente si tende ad incolpare. In primo luogo qualcuno, ma anche se stessi.
Quando cominciamo invece a salire di prospettiva, a cambiare il modo di intendere la vita, la domanda che preme dentro, e che contiene una fondamentale risposta al senso di colpa è: dove sta l’idea di giusto o sbagliato? Sono io che controllo le mie emozioni o è sempre qualcun altro?
David Icke, un altro attento analista del mondo contemporaneo e grande indagatore di molti falsi miti, sostiene che quella che definiamo società è in realtà il riflesso dei nostri modi di pensare e dei nostri atteggiamenti. Se modifichiamo il nostro pensiero siamo in grado anche di cambiare la parte di società nella quale viviamo.
Come ricordato sopra l’idea di giusto o sbagliato non deve fornircela sempre e solo la società. Non è una macchina da x mila euro a decretare la validità di una persona, ma l’idea che ognuno di noi deve dare alla propria vita.
Quella che chiamiamo ” verità” è la nostra idea delle cose, la nostra scala di valori. Non quella che ci viene imposta. Non si tratta di farne una disputa politica, tutt’altro. Capire in profondità che giusto o sbagliato, vero o falso dipendono dalla nostra mente e dai nostri convincimenti.
Arrivare a questa consapevolezza rende superflua l’idea di possesso, di tuo o mio, di giusto e di sbagliato. Di affanno o di quiete, di moda o di autenticità e, soprattutto, di vero o di falso.
Occorre chiedersi : da dove provengono le mie idee? Cosa determina la mia soddisfazione o il mio stress? Cosa mi provoca paura? Il percorso suggerito aiuterà certamente a comprendere perchè siamo ad un certo livello del nostro percorso di vita, e definirà l’origine della nostra insoddisfazione.
Qui c’è un momento fondamentale. Ovvero che determinata l’origine del modo di pensare, dello stile di vita perseguito, sia che questo provenga dalla famiglia o sia “colpa” della pubblicità o della televisione, il nostro pensiero non deve rimanere incollato a questo stadio.
L’evoluzione consiste nel capire che l’essere umano non è solo ego, il suo ruolo non consiste solo in azioni o scelte volte a definire se l’ego deve essere promosso o bocciato. Noi siamo anche e soprattutto tanto altro. Siamo emozioni, siamo coscienza.
Chi è il padrone delle nostre emozioni più autentiche? Forse anche le emozioni le abbiamo acquistate in qualche supermarket? Anch’esse dipendono da qualcosa di esterno o fanno parte della nostra parte più intima, quella troppo spesso coperta e sovrastata dall’ego?
E se ci fosse qualcosa che non ci chiede successo, non ci opprime incolpandoci, non ci obbliga in buona sostanza a vivere solo secondo un certo modello insegnatoci, inculcatoci, e comunque appreso e perseguito per buona parte della nostra vita?
E se questo qualcosa invece di colpa, possesso, ci mostrasse un’altra caratteristica umana, sempre meno vissuta, ma con una capacità enorme di farci vedere le cose in altro modo, saremmo in grado di darle ascolto? Se questa parola fosse perdono?
Arrivare ad uno stadio in cui pratichiamo il perdono, prima di tutto verso noi stessi per aver dato ascolto e credito solo ad alcune cose ci permetterà di migliorare noi stessi e di poter poi perdonare il mondo esterno.
Riflessioni importanti, da condividere!