Vi raccontiamo dell’esaurimento emotivo, il nemico subdolo, quella condizione che sempre più intacca comportamenti ed atteggiamenti delle persone in maniera quasi silenziosa.
Per poi manifestarsi improvvisamente, quando le risorse interiori sono ridotte al lumicino e riuscire a riprendere il controllo della propria vita non è così semplice.
Il termine esaurimento emotivo, o burnout, è stato coniato, al principio degli anni ’70, per designare l’effetto ” stressogeno” in soggetti che quotidianamente svolgono lavori di contatto particolarmente stressanti, finendo con assumere una sorta di difesa involontaria che li porta ad isolarsi psicologicamente per non assumere le patologie con le quali si relazionano.
Il professor Maslach, uno degli psichiatri che si occupò della definizione di questa sindrome, definì l’esaurimento emotivo come una completa perdita di interesse verso le persone, una sorta di spersonalizzazione e riduzione delle capacità emotive dei soggetti che ne patiscono le conseguenze.
Sempre più questo tipo di patologia colpisce soggetti che, non per forza svolgono lavori di relazione così impegnativi e delicati, come ad esempio operatori di strutture sanitarie, personale di reparti psichiatrici, ma si riflette come fase finale di rapporti di coppia particolarmente difficili e stressanti.
Simili sono infatti le fasi che conducono all’esaurimento emotivo i soggetti che hanno alle spalle relazioni tossiche, a coloro che finiscono dentro questa condizione per motivi lavorativi.
In entrambe le situazioni, e soprattutto in una relazione privata, la prima fase del rapporto è vissuta con grandi aspettative, entusiasmo, in modo molto idealistico.
A questa fase, che può non avere un tempo definito ed uguale per tutti, ne segue poi una definita di stagnazione, quella che solitamente apre gli occhi e porta a razionalizzare.
E a rendersi conto come le aspettative non fossero così certe, o comunque basate su elementi e situazioni comprese alla perfezione.
Questa è la fase più delicata, quella che potrebbe evitare ad una persona di proseguire, testardamente, in qualcosa che non rispecchia in realtà i suoi desideri.
Molto spesso però, soprattutto in una relazione, non si vogliono ammettere diversità ed anche incompatibilità, e si finisce per voler continuare a tutti i costi, ignorando come questa scelta non possa che condurre ad un esito scontato.
Subentra infatti quella condizione definita di frustrazione, che oscilla tra momenti di insoddisfazione sempre più marcati ad altri nei quali si ha la certezza di essere come sfruttati, usati.
L’incapacità, anche in questa fase, di mettere in atto una svolta radicale, porta sempre più persone verso uno stato definito di apatia.
Si continua la relazione come in uno stato di assenza, sino a quando i sintomi dell’esaurimento finiscono per deflagrare completamente.
E giusto, quindi, trovare una forma di compromesso anche in una relazione e prendere atto che non va assolutamente proseguita quando diventa nociva e deleteria.
In conclusione vi lasciamo con un pensiero di Albert Camus, un pensiero che tutti dovrebbero tenere in grande considerazione e che recita così:
“Non si può amare veramente qualcuno se non si ama se stessi”.