Capita ad ognuno di noi di perdere una persona cara prima o dopo. Capita di provare quel dolore sordo e muto che l’assenza provoca. Capita di non riuscire a sostituire quel vuoto con niente e con nessuno.
Quando qualcuno che amiamo ci lascia è dolore. E non esiste una scala che ne stabilisca l’intensità, è intenso e basta.
Ma quando è una mamma a volare via, alla sofferenza si unisce un senso di smarrimento, di fragilità. Di profonda solitudine.
È come se ci si ritrovasse di nuovo piccoli e sperduti. Senza forze. Senza casa. Senza quel nido, quella roccia. Orfani di un grande amore.
È così che mi sono sentita qualche anno fa. Nonostante non fossi più bambina. Nonostante la mia casa, la mia famiglia. Altri amori.
È così che mi sento ancora quando sento pronunciare questo nome di poche sillabe, ma dal significato più intenso di tutti. Mamma.
Un nome che risuona ormai, solo nelle stanze della mia memoria e del mio cuore.
Oggi voglio pronunciarlo ancora. Voglio farlo con voi.
Voglio scrivere questa lettera che mia madre non leggerà mai.
O forse sì. L’affido al vento che passa e che forse la porterà a lei. L’affido ai cuori simili al mio. Al vostro.
“È per te questa lettera mamma. La scrivo per la gioia di dedicarti ancora qualcosa, come quando da bambina ti dedicavo un disegno, una poesia. Un sorriso. Perché sento di non averti detto ancora tutto. Perché sento che tutto non mi basterà una vita a dirtelo.
La scrivo per dirti quel “ti voglio bene” che faticavo a dire un po’ per timidezza, un po’ per quella strana vergogna che mi prendeva, ma anch’essa piena di amore. Di ammirazione. Di rispetto.
Per dirti ancora “grazie”. Grazie per tutto ciò che hai fatto per me, per tutto quello che mi hai insegnato, per la donna che sono diventata, per la mamma che riesco ad essere. Grazie per il dono di te. Per l’amore.
Ti scrivo per riprendere quel dialogo che in fondo non si è mai interrotto. Ci si parla. In altri modi. Attraverso un ricordo, un tuo insegnamento che metto in pratica. Il consiglio che immagino mi daresti se tu fossi ancora qui.
Non ho mai smesso di chiederli, immaginando di trovare le risposte in quei piccoli segni quotidiani che mi parlano di te.
Mi capita, sai mamma, di sorridere pensando ad tuo probabile rimprovero quando mi comporto un po’ da incosciente, quando non metto un cappello di lana. Quando lascio scuocere la minestra.
Mi capita di piangere. Quando sento più forte il bisogno di un abbraccio sicuro. Sincero. Il tuo.
Mi capita di riflettere su quei litigi che pur avevamo e che oggi che sono mamma anch’io, comprendo meglio. Perdonami mamma. Per non aver sempre capito.
Mi capita di sentire il tuo profumo nelle giornate di pioggia e in quei piccoli fiori gialli che amavi tu…
Nei biscotti che mi preparavi e che non ho mai imparato a far buoni come i tuoi.
Stai scuotendo la testa sorridendo vero mamma?
Ti vedo. Ti vedo sempre nelle tue espressioni più belle.
È così che accade… mi capita di ritrovarti in quelle vecchie canzoni che cantavi mentre riempivi la casa con la tua presenza, la tua voce allegra. La tua vita.
In quei vecchi film che amavi tanto e che ogni tanto guardo ancora per sentirmi più vicina a te.
E mi capita di ritrovarti sempre la sera. Quando tutti dormono ed è silenzio. Quando ripenso alla giornata trascorsa.
Quando guardo il cielo e cerco le stelle. Quando ti cerco tra le stelle.
Perché da quando sei andata via mamma non esistono più notti fredde e buie.
Perché del mio cielo tu sei la stella più bella…
Continua mamma.
Oggi come ieri ad illuminare i miei passi. A far luce nel mio cielo.
Continua ad amarmi mamma.
Come solo tu sai fare… ”
Una lettera per la mia mamma, una carezza al suo ricordo.
Per le vostre mamme, una carezza ai vostri ricordi.
Perché la mancanza di una madre e’ l’assenza più grande.
A qualunque età.
-Alice Iz