Categories: Spiritualità

Quando piangiamo per le persone che non ci sono più, in realtà piangiamo per noi stessi

Publicato da
Deborah Doca

Quando piangiamo per le persone che non ci sono più, in realtà piangiamo per quel dolore che ci trafigge, per noi stessi così vulnerabili.

La morte di una persona cara è un dolore inenarrabile.

È qualcosa che esplode in pieno cuore, che lascia attoniti prima, devastati dopo.

La morte di un genitore è simile ad un crollo: è il proprio mondo a crollare, quel bisogno di abbracci che resterà insoddisfatto, quei consigli che fingevamo di non sentire, ma che poi mettevamo in pratica forse anche inconsciamente, quella voce che non sentiremo più.

Quando morì mio padre provai qualcosa di molto simile… era il crollo, era uno schianto, era un mare salato di lacrime che non sapevo nemmeno di aver dentro, ma che quel giorno ruppe gli argini e venne fuori arrabbiato.

I giorni seguenti non furono differenti, il pianto era continuo…
se avessi potuto guardarmi dal di fuori, probabilmente mi sarei stupita per tutte quelle lacrime.

Non riuscivo a far altro, sembravo fatta di lacrime, di lacrime la mia stessa pelle. Accade così, accade a tanti che si trovano ad affrontare il vuoto delle persone che non ci sono più.

Mia nonna che in quei giorni si era trattenuta da noi, una mattina venne nella mia stanza. Seduta sul bordo del mio letto assisteva all’ennesimo pianto che mi scuoteva il petto.

“Stai piangendo per te stessa lo sai vero? Non è per il tuo papà che piangi, ma per il tuo dolore, per quella che sarà la tua vita senza di lui, perché non ti potrà più aiutare, non correrà da te al primo tuo cenno, perché sai che non lo rivedrai mai più. ”

 

Le parole di mia nonna mi tolsero il fiato per un momento, simili ad un fulmine che squarcia le nubi e poi il tuono

“La morte va accettata mia cara e il pianto è necessario, ma non dobbiamo trattenere la sua anima con le nostre lacrime.”

È vero, il tuo papà non c’è più, ma tu puoi rendere la sua vita eterna nei ricordi, puoi mantenere viva la sua voce ricordando i momenti in cui ti parlava. Non aver timore, non la dimenticherai.

Ti basterà chiudere gli occhi, cercare il silenzio e ti sembrerà di sentirlo parlare al tuo fianco.

Non possiamo morire insieme a chi ha dovuto lasciarci, è nostro dovere vivere per mantenere in vita la sua anima qui, nei nostri cuori. Quando piangiamo per le persone che non ci sono più, piangiamo anche per noi stessi.

Bisogna vivere per continuare il suo lavoro, mettere a frutto i suoi insegnamenti, devi vivere affinché sia orgoglioso del suo ruolo di padre, devi sorridere a te stessa e alla vita, perché è quello che avrebbe voluto per te e che continuerà a volere, solo da un’altra dimensione.

Perché la morte cara, non è una fine, è una trasformazione, un nuovo inizio altrove, una rinascita.

Non piangere per il tuo papà, accettare la sua assenza significa comprendere il ciclo della vita e crescere emotivamente.

Stai piangendo solo per te stessa e non devi contenere il dolore, lascialo uscire, ma non forzarlo. Non legarlo a te, ai tuoi bisogni e non legarlo al tuo papà. La vita è solo un continuo cambiamento, un perdersi, per ritrovarsi altrove.”

Compresi allora che tutti coloro che avevo visto sì piangere, ma poi riprendere a vivere la propria quotidianità con forza e coraggio, non stavano affrontando la morte con superficialità. Anzi.

L’avevano compresa e continuavano a portare la vita nel cuore: la propria e quella di chi non c’era più.

Un invito alla lettura: