Empatia e compassione, due compagne che si muovono nel mondo con passo leggero e occhi attenti. Due moti dell’anima, ma con un solo cuore.
La vita ci pone ogni giorno a contatto con persone, stati d’animo, situazioni le più diverse possibili. Non sempre positive e non sempre piacevoli o facili da comprendere.
Per questo motivo siamo portati, spesso, a giudicare. A metterci cioè in una posizione di superiorità senza avere gli elementi necessari per farlo.
Riuscire a sviluppare empatia e praticare la compassione è la sfida che la società moderna pone ad ognuno di noi.
Empatia e compassione sono due predisposizioni dell’animo che consentono di avvicinare e non respingere.
Di aiutare, partendo però da due posizioni differenti.
Occorre fare attenzione a non confonderle, perchè in realtà sono due aspetti molto diversi tra loro.
La persona empatica è quella che si immedesima, afferra al volo stati d’animo, paure, bisogni.
La persona compassionevole invece mantiene un atteggiamento più distaccato, quasi freddo a paragone dell’altra. Senza però far venir meno il suo aiuto e la sua disponibilità.
Occorre allora riuscire a fare una sintesi tra questi attributi.
Manifestare troppa empatia porta a dare risalto solamente alle emozioni, e non sempre questo può risultare efficace e positivo.
La persona empatica è quella che assorbe, come una spugna, tutti gli stati d’animo, e spesso rischia di rimanere prigioniera di questi vortici.
Mentre la compassione, destinata anch’essa all’aiuto e alla solidarietà, muove da un maggior distacco.
Un atteggiamento che promuove la vicinanza senza però prevedere un coinvolgimento emotivo così forte tale da annebbiare la razionalità.
Perchè, a ben pensarci, per riuscire ad aiutare, a tendere una mano, è fondamentale sentire la spinta del cuore.
Ma occorre anche mantenere quel distacco interiore che suggerisce cosa fare e come farlo.
Quell’atteggiamento, oggi imperante, che mette colui che lo esprime su un piedistallo.
Federico il Grande diceva: “Sono poche le persone che pensano ed agiscono. Tutti però, vogliono giudicare. “
Perdersi nel giudizio continuo evita infatti la prova della responsabilità.
Quella che pone ogni persona di fronte a ciò che può provare e, soprattutto, riesce a fare concretamente.
Maschera, il vizio del giudizio, quell’incapacità a rimboccarsi le maniche e fare. Consente di porsi fuori dalla mischia, evitando impegno e disponibilità.
Perchè è questa la vera sfida dei nostri giorni.
Quella di vivere guardando il mondo e le persone pronti a dare una mano e condividere un abbraccio.
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