Non si sfugge al Karma, nessuno può ed ecco che il dolore di cui siamo causa, torna indietro prima o poi.
Sir Isaac Newton, nella sua illustrazione del terzo principio della dinamica, noto anche come legge di Newton diceva:
“ad ogni azione corrisponde anche una reazione uguale o contraria”.
Il mondo nel suo complesso, ed in particolare le azioni degli esseri umani, non sfuggono a questa logica e Newton lo sapeva bene.
Non solo perchè era un grande fisico e matematico, ma perchè amava le stelle e trascorreva moltissimo tempo, da studioso di teologia, a meditare sulla bontà, o meno, del comportamento umano.
Personalità molto difficile e a tratti scontrosa, Newton pensava, a dispetto delle sue teorie razionali, che qualcosa di diverso condizionasse l’essere umano.
Poteva definirsi genio, creatività o, più semplicemente, capacità di intuire il buono e il giusto.
Quello che la filosofia indiana definisce come Karma quindi, un termine che possiamo tradurre in vari modi, i principali dei quali sono ” azione”, ” compito”, ” obbligo”.
Qualcosa che da un significato a quello che facciamo, o anche che pensiamo, e che a sua volta produce degli effetti.
Secondo questo pensiero, infatti, ogni comportamento umano si trasforma in energia positiva o negativa, ritornando poi alla fonte di partenza come simbolo e manifestazione di equilibrio.
Non a caso, sempre secondo le leggi dei Veda, il ciclo delle rinascite, conosciuto come Samsara, risponde proprio a questa necessità di riequilibrio ed anche riparazione.
Perchè è innegabile che quando si commette qualcosa di negativo, quando si fa del male, non solo si prova una sorta di soddisfazione, ma si rimane insensibili al dolore altrui, alla sofferenza che la nostra azione ha provocato.
Questa mancanza di sensibilità, più ancora dell’azione in sè, provocano un disequilibrio, una perdita di positività che rimane all’inizio come sospesa, per poi inevitabilmente ritornare.
Le azioni negative hanno purtroppo un peso superiore, ecco perchè quando attraversiamo momenti nei quali tutto sembra andare storto, quando sembra che la sensazione di pesantezza non possa dissolversi, dobbiamo fermarci a riflettere in profondità.
Perché azioni , anche involontarie, o comportamenti superficiali, ma comunque negativi, necessitano di molti maggiori sforzi per essere bilanciati da qualcosa di positivo.
La tensione individuale a fare del bene, anche attraverso piccoli gesti, a non lasciarsi trascinare nel pettegolezzo, ad aiutare anche con poco e secondo la propria disponibilità è quello che, secondo le leggi del karma, produce positività, influenza positiva.
Allontanando e rimpicciolendo le inevitabili azioni negative nelle quali tutti noi siamo in qualche modo coinvolti.
Per riuscire a comprendere e ad agire secondo questo principio dobbiamo allontanarci dal concetto, molto utilitaristico, di premio e ricompensa.
Solo agendo spontaneamente, empaticamente verso il prossimo, e senza misurare in maniera matematica l’effetto del nostro agire, ognuno riesce a equilibrare continuamente il proprio karma.
Una sorta di stato di grazia, di stile di vita, meno attento alle logiche competitive e materiali dei nostri giorni, e più attento alle gratificazioni interiori ed umane.