Psicologia

Si chiama stanchezza emotiva ed è la peggiore che esista

Publicato da
Deborah Doca

Viene chiamata stanchezza emotiva ed è la peggiore che esista, più pericolosa dell’esaurimento fisico.

È più facile riposare un corpo dolorante che calmare un’anima esausta.

La vita non è mai stata facile, ma sembra che le cose siano peggiorate di recente, almeno un decennio da quanto è possibile apprendere dalle statistiche.

È doverosa una premessa quando si parla di stanchezza o esaurimento emotivo legato alle numerose patologie che connotano questo stato.

Non bisogna confonderlo con il fenomeno chiamato ” Burnout” , ovvero quello stato di sovraccarico emotivo che lascia spazio a fenomeni di vuoto e vero e proprio distacco emozionale.

In questa casistica, sempre secondo le statistiche ufficiali, rientrano quelle persone che svolgono principalmente lavori di contatto in situazioni particolarmente critiche, come ad esempio vigili del fuoco, chirurghi in zone con continue emergenze, assistenti sociali, psichiatri in strutture con pazienti particolarmente difficili.

Professioni definite di aiuto e di contatto nelle quali, causa una prolungata e perdurante fase di stress, si genera quello che viene definito il burnout, cioè un distacco, repentino, del coinvolgimento emotivo che, per paradosso, in situazioni di assoluta emergenza, è un aiuto anche per l’operatore stesso.

Fuori da questi contesti il fenomeno, seppur in forme diverse e per cause che andremo ad esaminare, è comunque presente.

Una ricerca della Michigan State University ha addirittura esaminato le relazioni tra forme di esaurimento emotivo e atteggiamenti durante le ore di lavoro in normali uffici.

L’indagine ha coinvolto 125 impiegati di cinque compagnie operanti nel settore dell’informatica che sono stati seguiti per tre settimane con 4 monitoraggi quotidiani.

L’indagine aveva lo scopo di misurare i cali di concentrazione e di rendimento causati da problematiche esterne, sia di tipo familiare, ma anche di natura personale come spostamento dell’orario della palestra piuttosto che l’anticipo del massaggio pomeridiano.

Questioni cioè profondamente differenti dall’attivita di un vigile del fuoco che lotta contro il tempo per salvare vite umane.

Da quanto emerge, lo stress e le reazioni sembrano coincidere. Un segnale non solo preoccupante, ma indicatore anche della scala dei valori o delle gerarchie che oramai fanno parte del nostro stile di vita.

L’esigenza, diventata regola, di essere ricchi, belli, aitanti e sorridenti, sta producendo questo fenomeno con maggiore frequenza.

Correre come forsennati dall’ufficio alla palestra, dal parrucchiere alla festa di compleanno del figlio dove, non si deve essere semplicemente un genitore che festeggia, ma una sorta di star holliwoodiana in passerella, finisce per esaurire psiche e capacità emotiva.

Non solo diventiamo preoccupati e a volte ossessionati di ciò che è là fuori, ma dimentichiamo di ascoltare il ritmo della nostra anima, del nostro cuore.

Perché, e questo è il punto sul quale riflettere.
Pare che cuore e anima siano come passati di moda, vestigia medievali dove un sorriso ed un abbraccio valevano oro.

Occorre allora una pausa, soprattutto una riflessione. Non solo per dare tregua alla psiche ed al vortice di aspettative ed emozioni, ma soprattutto per capire se questo modo di vivere sia non solamente quello più sano ma, anche quello più giusto.

Più dignitoso, più umano.