Si, la mamma è sempre la mamma, anche quando non è perfetta e una mamma imperfetta ti permette di crescere e di evolvere .
Un pensiero decisamente interessante, ricco di spunti per riflettere,
stimolante, sia perchè analizza una figura importante come quella della mamma, ma soprattutto perchè sposta dal piedistallo nel quale la nostra cultura mette la mamma, dimenticandosi, molto spesso, della donna che l’ha resa tale.
Donald Winnicott, pediatra e psicanalista britannico ha dedicato alle mamme imperfette una serie di studi che hanno portato a diverse conclusioni, non tutte coincidenti, ma sicuramente utili per analizzare questo concetto.
Partiamo dall’inizio e vediamo chi sono le cosiddette mamme imperfette.
Sono quelle donne che, pur provando alle volte sentimenti contrastanti, ansie, anche sensi di colpa riescono comunque a vivere il loro ruolo nei confronti dei figli, ad essere presenti, rassicuranti, a contribuire alla loro crescita responsabilmente.
Leggendo questo aggettivo, imperfette, balza al volo il paragone con quelle che, utilizzando la stessa categoria di giudizio, dovrebbero essere considerate perfette.
In realtà, come ben spiegato dalla giornalista Serena Marchi nel suo libro ” Madri, comunque” questo stereotipo della donna legata quasi esclusivamente al suo ruolo procreativo è, non solo profondamente sbagliato, ma anche inventato.
Scrive l’autrice: ” L’istinto materno, inteso come comportamento universalmente obbligatorio, è un’invenzione socioculturale, una impropria generalizzazione destorcizzata.”
In Italia l’idea di diventare mamma è un concetto totalizzante, nel senso che presuppone che la donna, una volta partorito, smetta di esistere per dedicarsi solo ed esclusivamente ai figli.
Una specie di tappa per riuscire ad affermare la propria identità femminile, senza la quale si viene viste come anomale, differenti, strane.
Una società che lega il destino ed il compimento del ruolo della donna alla maternità è una società, oggigiorno, che tende ad incatenarla in una sorta di prigione dorata, che apparentemente la promuove socialmente per rimuoverla di fatto.
Senza andare a snocciolare dati sull’aiuto che nel nostro paese viene dato quando nasce un bambino, sui servizi ed agevolazioni per permettere alla donna di riprendere il lavoro, si vede come questa idea da culturale è oramai un dato di fatto.
Ecco perchè una donna che, secondo queste categorie, non accetta solamente il ruolo di madre, rischia di diventare una sorta di mamma imperfetta.
La tipica frase ” vedrai, che quando nascerà tuo figlio la tua vita avrà tutto un altro senso” tende a riconoscere una sorta di annullamento femminile in favore del solo ruolo di mamma.
L’unica vera discriminante per fare una valutazione, ammesso sia corretto e giusto farlo, è l’amore e la disponibilità, pur con tutti gli impegni che una donna che lavora ha quotidianamente.
Queste non sono le imperfezioni che devono essere sottolineate , mentre lo sono comportamenti ed atteggiamenti, magari di donne completamente mantenute sotto l’aspetto economico, incapaci di svolgere il ruolo di madre.
Pensiamo all’atteggiamento definito dagli esperti come fenomeno della compensazione, cioè quando la donna non cresce in termini di maturità ed atteggiamento e rimane anch’essa un’eterna bambina.
O, nel caso di rapporto mamma – figlia, quando la madre utilizza la figlia come riflesso di se stessa, come una sorta di sua estensione.
Ammesso sia giusto e lecito definire cosa sia la perfezione e l’imperfezione, questi sono gli atteggiamenti da stigmatizzare, non il desiderio di una donna di essere non solo madre, anche se qualcuno la definisce imperfetta.