È possibile migliorarsi da soli? Si . Continuate a leggere per scoprire come.
Mihaly Csikszentmihaly, personaggio simpatico, arguto che di mestiere fa lo psicologo, critico spietato dell’attuale sistema della comunicazione fondato sulle televisioni, insieme ai colleghi della psicologia della felicità ha tessuto le lodi, specie per gli adolescenti, della solitudine!
Afferma che la capacità che mostra un ragazzo di stare solo è direttamente proporzionale alla sua creatività, allo sviluppo del pensiero originale e fuori dagli schemi.
Oltre a condividere quanto detto, riflettiamo su questo argomento, sicuramente non semplice e oggi quanto mai attuale, vivendo tutti oramai immersi in un giungla continua di incontri, messaggi, telefonate e via dicendo.
Un frastuono continuo che non consente spesso un minimo di riflessione, di introspezione, quella raccolta delle idee quanto mai importante proprio per la mole di spunti e di parole cui tutti noi siamo quotidianamente sottoposti.
Di parere uguale al nostro psicologo ungherese c’è anche Susan Cain, autrice del libro “Quiet: The Power of Introverts in a World That Can’t Stop Talking” che difende la ricchezza creativa che viene dalla solitudine e consiglia la pratica dell’introversione.
Non come elogio dei musoni e delle persone scontrose, ma come atteggiamento volto a difendere la propria psiche e la propria sensibilità.
Anch’essa sostiene che praticare la solitudine sia un ottimo allenamento per allenare il pensiero creativo, e a supporto cita nel suo libro le lunghe e solitarie passeggiate di Darwin , appuntamenti nei quali il famoso biologo appuntava una serie di riflessioni e di spunti che lo portarono in seguito alle scoperte e alle tesi che noi tutti conosciamo.
Erin Cornwell, della Cornell University, insieme ad altri sociologi ha sviluppato una serie di dati provenienti da studi e ricerche proprio incentrate sul comportamento e sugli stili di vita.
Giungendo, oltretutto, alla conclusione che chi predilige momenti di solitudine è anche chi ha una vita di relazione più ricca e soddisfacente.
Non essendo un obbligo, un must si direbbe oggi, quello di presenziare come soldatini in servizio permanente ad appuntamenti, apericena, inaugurazioni e chi più ne ha più ne metta, coloro che scelgono quando e come frequentare altre persone hanno la capacità di scegliere e, di conseguenza, avere relazioni più appaganti.
Stare soli, e stare bene da soli è anche il miglior antidoto e la migliore prevenzione contro una delle patologie più frequenti della civiltà contemporanea: lo stress.
Uno studio fatto su un campione di 150 persone , di età diverse, professioni distinte e stili di vita abbastanza simili, cioè con impegni quasi cronometrici a scandire le giornate, ha indagato i benefici psichici e fisici derivanti dalla prova costante della pratica di soli 15 minuti di solitudine al giorno.
Coloro che avevano messo in pratica in maniera regolare il distacco presentavano dopo appena una settimana profili psicologici nettamente più rilassati o, comunque, meno nevrotizzati rispetto a chi, dopo un paio di tentativi , aveva rinunciato.
” La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà.” diceva Fabrizio De Andre’ , uno che di silenzi se ne intendeva, oltre ad essere un sensibile ascoltatore delle parole del vento e del mare.
Ed un amante appassionato della libertà, quella vera, che resiste al fascino sguaiato delle mode, ed all’appiccicoso quanto inutile vezzo della presenza.
Non si deve infatti confondere, spiegava il cantautore ligure, il bisogno di ascoltare se stessi con il disimpegno o l’egoismo, ma non si deve neppure mascherare il presenzialismo di facciata con l’immagine finta dell’altruismo.
Non sappiamo se queste riflessioni potessero diventare il titolo di un manifesto dei brontoloni e dei solitari, ma sicuramente contengono una grande dose di verità.