Per affrontare paura e ansia gli insegnamenti buddhisti possono essere di grande aiuto.
Il Dalai Lama ha affermato in diverse occasioni che una delle cause della nostra infelicità consiste nel non sapere come gestire le nostre emozioni.
Per il Buddhismo alcune emozioni sono considerate dannose, quasi velenose, ad esempio paura, rabbia e frustrazione.
Imparare quindi a gestire le emozioni è una pratica fondamentale della religione buddhista, unica via in grado di portare l’individuo verso la saggezza e, di conseguenza, l’equilibrio.
Per comprendere un po’ più in profondità il messaggio orientale è doveroso capire come viene definita un’emozione.
È definita come uno stato mentale che inizia quando la mente funziona in modo dualistico.
Ovvero tende ad aggrapparsi e a concentrarsi su quegli stati d’animo che vengono percepiti dal nostro ego, e che sono fondamentalmente desiderio, rabbia, ignoranza.
Maggiore la tendenza ad aggrapparsi a questi stati d’animo, più forte sarà la reazione, e il processo continua fino al punto nel quale esso invade la nostra mente.
Questo tipo di situazione, cioè percezione di una sensazione e contemporanea attivazione della mente produce l’emozione.
Secondo il monaco Phap Dung, del monastero di Plum Village in Francia (famoso per essere stato fondato dal maestro Zen vietnamita Thich Nhat Hanh), il buddhismo è in grado di affrontare, e risolvere stati di ansia e paura, molto diffusi, e responsabili di tutta una serie di conseguenze negative.
Insegna a vedere la mente come una casa, quindi se la casa è in fiamme, dobbiamo prima occuparci del fuoco, non andare a cercare la persona che ha causato il danno.
Come dice la famosa parabola della freccia: un uomo ferito da una freccia non deve ritardare la sua attenzione medica chiedendo i dettagli di chi gli ha sparato.
Deve intervenire sul dolore che la freccia gli sta provocando.
Questo processo si verifica per ognuno dei nostri sensi.
Ad esempio quando i nostri occhi vedono una forma, il processo non si limita a questo, ma immediatamente appare in noi una reazione, che può essere piacevole o meno.
Lo stesso dicasi quando gustiamo o annusiamo qualcosa.
Il fulcro dell’insegnamento buddhista insegna che tutti siamo colpiti dalla freccia che, in questo caso, rappresenta un’emozione negativa e dobbiamo saper intervenire senza indagare troppo su chi ha scagliato appunto l’oggetto.
Prima – osserva il monaco – occorre prendersi cura delle emozioni, perché tutto ciò che proviene da un luogo di paura, ansia e rabbia non farà che peggiorare il fuoco.
Fare quindi un passo indietro e trovare un luogo di calma e pace per placare la fiamma delle emozioni, è il primo consiglio fondamentale.
Per ottenere ciò, il Buddhismo insegna un insieme di tecniche, tradotte anche con il termine di “consapevolezza”, che consistono nel vivere qui e ora , oltre a prestare molta attenzione alla respirazione imparando ad usarla a proprio favore.
Addentrandoci un poco più in profondità il Buddha insegna a concentrarsi sulla vera essenza di ciò che sta accadendo ( il concetto del qui ed ora), arrivando quindi a vedere che la sensazione che si sta provando è il frutto della nostra mente in azione.
Questa e l’oggetto che ha determinato tale sensazione tendono a diventare una sola cosa, nel caso spiegato in precedenza, freccia e dolore.
Ma se impariamo a tenerle distinte, allenando quella che viene definita la saggezza primordiale, arriveremo a gestire e, nel caso di ansia e paura, a dissolvere, le conseguenze delle emozioni negative.
Questa capacità si deve sviluppare anche riguardo quelle che possono essere definite emozioni positive.
Non indugiare, ad esempio, nel’orgoglio di aver raggiunto un traguardo, insegna a non cadere nella stessa trappola mentale che produce stati d’animo di segno opposto.