C’è un mito molto conosciuto e diffuso dalle diverse culture di tutti gli angoli del mondo: il mito della Fenice.
Si dice che le lacrime di questo uccello siano magiche e curative, che abbia il controllo sul fuoco, resistenza fisica e una saggezza che supera la nostra comprensione.
La creatura poteva anche rinascere attraverso le sue ceneri.
Per questo motivo, simboleggia il potere della resilienza, che è la nostra capacità di riprenderci dagli eventi negativi e diventare esseri molto più forti e illuminati dopo queste esperienze.
I primi riferimenti culturali e religiosi intorno alla Fenice emersero nell’antico Egitto, così come l’inizio della nozione che conosciamo oggi come capacità di recupero.
Ci sono anche riferimenti alla creatura nella poesia araba, nella cultura greco-romana e in molti lasciti storici orientali.
Il potere di rinascere dalle nostre ceneri.
Tutti noi attraversiamo situazioni negative e le esperienze traumatiche delle nostre vite ci lasciano quasi sempre dei segni .
Tuttavia il modo in cui vediamo queste situazioni è particolare per ogni persona. Abbiamo nelle nostre mani il potere di trasformare le nostre vite e risorgere dalle ceneri trionfanti, ma se non lo facciamo, ci limitiamo alla distruzione.
La capacità di rinnovarsi e sostenere forze e desideri non nasce dal nulla. Inizia in una fase chiamata “morte”, ovvero quando sperimentiamo situazioni traumatiche che uccidono una parte di noi che non tornerà mai più. Siamo simili alla Fenice, come suggerisce Carl Gustav Jung, proprio perché questo uccello manifesta la capacità di morire e risorgere attraverso la sua stessa distruzione.
La Fenice in Egitto
Il mito egiziano della Fenice ci offre dimensioni maggiori per comprendere la connessione tra la fenice e la resilienza.
Il poeta romano Publio Ovidio Naso, riportò nei suoi scritti che una fenice moriva e rinasceva una volta ogni 500 anni in Egitto.
Per gli egiziani, questo straordinario uccello era l’uccello Bennu, che era associato all’inondazione del Nilo, il sole e la morte, e che credevano che nascesse sotto l’albero del bene e del male. Secondo la tradizione egiziana, Bennu conosceva l’importanza di rinnovarsi di volta in volta, per acquisire nuove saggezze.
Così l’uccello nel cielo d’Egitto costruì un nido con elementi come rami di cannella, rovere e mirra. Dopo aver completato il suo nido, si sistemò su di esso e cantò la canzone più bella che gli Egiziani avessero mai sentito e permise al fuoco di consumarlo.
Poi, dopo tre giorni, riapparve con rinnovata forza e potenza e fece il suo nido a Heliopolis, Tempio del Sole, per l’inizio di un nuovo ciclo.
La storia della Fenice è bella e ed è un grande esempio per le nostre vite.
Questo processo assomiglia alla nostra di azione verso la resilienza, cerchiamo gli elementi più forti e nobili per costruire il nostro nido.
Gli elementi che scegliamo ci aiutano anche nel nostro processo di rinascita, ma è importante sapere che prima della nuova fase ci sarà la fine. Diventeremo cenere e elimineremo parti di noi stessi che non torneranno.
Sappiamo che le nostre ceneri non andranno perse, vagheranno finché non scompariranno.
Poi si uniranno per formare una nuova parte di noi stessi, molto più forte e più saggia, diventando ispirazione per coloro che vogliono seguire lo stesso percorso, lasciando al nostro vero progresso, l’impresa verso la vera crescita.