È il rifiuto la ferita emotiva più profonda. Ecco quando avviene e come curarla

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By Deborah Doca

Ci sono ferite che non si vedono, ma che segnano profondamente la nostra anima e vivono con noi per il resto della nostra vita.

Sono le ferite emotive, i segni dei problemi vissuti durante l’infanzia e che spesso determinano quale sarà la qualità della nostra vita da adulti.

Una delle ferite emotive più profonde, è quella del rifiuto, perché chi la subisce, si sente respinto interiormente, interpretando tutto ciò che accade intorno a lui, attraverso il filtro di quella ferita, sentendosi respinto anche nelle situazioni in cui non lo è.

Origine della ferita emotiva del rifiuto

Rifiutare significa respingere, disprezzare, che possiamo quindi tradurre in “non amare” qualcosa o qualcuno.

Il rifiuto che ferisce maggiormente, è quello dei genitori nei confronti dei figli.
No, non chiedete come sia possibile, perché di genitori che respingono o rifiutano i propri figli, ve ne sono fin troppi.

Può capitare però, che ci si senta rifiutati dai genitori, senza che questo accada realmente, a causa di un’estrema sensibilità e di una percezione distorta dalla realtà dovuta dall’insicurezza.

Di fronte alle prime esperienze di rifiuto, la persona ferita inizia ad indossare una maschera per proteggersi da questa sensazione così toccante.

La prima conseguenza, soprattutto nelle personalità più fragili e timide, è una forte svalutazione di se stessi.

La prima reazione della persona che si sente rifiutata, sarà quella di fuggire, quindi non sorprende che i bambini che si sentono rifiutati, inventino un mondo immaginario.

Le ferite emotive subite durante l’infanzia,. determinano una parte importante della nostra personalità.

Quando si cresce con il dolore causato dal rifiuto, si tende a svalutare se stessi e a cercare la perfezione a tutti i costi per essere accettati.

Questa situazione porterà alla costante ricerca di riconoscimento da parte degli altri, desiderio che richiederà tempo per essere soddisfatto.

Secondo Lisa Bourbeau, nota scrittrice e studiosa del comportamento umano, solitamente la ferita è causata dal genitore dello stesso sesso.

Il rifiuto è impregnato delle parole “niente”, “inesistente “, “scomparire”, vocaboli utilizzati per respingere e svilire.

In questo modo è normale che una persona rifiutata preferisca la solitudine. Si innesca poi una sorta di circolo vizioso dal quale sembra impossibile uscire:

apprezzamenti e attenzioni, vengono vissute con diffidenza, incredulità e si finisce per non ritenerle autentiche.
Anzi, è addirittura probabile che vengano sabotate e scoraggiate, perché si è certi di non meritarle.
Quando invece non si ricevono, ci si sente ancora una volta rifiutati, respinti.

Con il tempo, una persona che soffre di questa profonda ferita emotiva, può adottare essa stessa un atteggiamento di rifiuto verso gli altri.

Maggiore è la profondità della ferita, maggiore è la probabilità di essere respinto o di rifiutare gli altri.

Guarire la ferita emotiva del rifiuto

La ferita del rifiuto può essere curata prestando particolare attenzione all’autostima, cominciando ad apprezzare se stessi, a riconoscere il proprio valore senza l’approvazione degli altri.

Un passo fondamentale è accettare la ferita come parte di noi per liberare tutti i sentimenti ad essa connessi.

Se neghiamo la presenza della nostra sofferenza, non possiamo lavorare per guarirla.

Una volta accettato, il passo successivo è perdonare per liberarsi dal passato.

Innanzitutto perdonare noi stessi per come ci siamo sviliti e per aver creduto di non essere degni d’amore. Quindi, perdonare le persone che ci hanno ferito. Probabilmente anche loro soffrivano di un qualche dolore o per una profonda esperienza di dolore.

Iniziamo a trattarci con amore e priorità.
Prestiamo attenzione a noi stessi, amiamoci.
Il valore che meritiamo è un’esigenza emotiva essenziale per continuare a crescere.

Sebbene non possiamo cancellare la sofferenza vissuta in passato, possiamo sempre alleviare le nostre ferite, aiutarle a guarire in modo che il dolore scompaia o almeno diminuisca.

Per concludere, facciamo nostro un pensiero di Nelson Mandela:
“Io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima”.
Non permettiamo che il passato influenzi il nostro futuro privandoci dell’amore e della serenità che meritiamo.